mercoledì 28 dicembre 2011

La mia fede

Allora, non si tratta del fatto di credere ad un occhio che sta dentro un triangolo, o di un tale barbuto che ci guarda dall'alto mentre crocefiggiamo suo figlio (biondo con gli occhi azzurri) che comunque ci vuole bene, anche se ci scanniamo, anche se distruggiamo il posto dove siamo nati, anche se ci ammaliamo delle malattie più atroci e crepiamo come topi in un maremoto.
Macchè, non è che dico che..ma scusa se siamo delle merde che ci hai creato a fare?
Io non ho il concetto del dio romano, che è un uomo come gli altri (anzi talvolta anhe peggio) ma ha i "superpoteri".

No, ho in mente altro.
Ho in mente innanzitutto il Vangelo, non la Bibbia. La Bibbia è come L'Iliade. Un Dio vendicativo, che dice ad Isacco di ammazzare il figlio, a Giobbe che deve soffrire..ma che Dio è?

La mia fede è nel figlio dell'uomo.
In quello che alle nozze di Cana tira fuori il vino migliore, che urla nel tempio che i mercanti devono stare fuori dalla fede (un po' come lo IOR, giusto?), quello che difende le puttane, che resuscita il suo amico...perchè lui può e Lazzaro è suo amico.

La mia fede è nella consapevolezza di poter essere tradito,  nell'avere una madre che non lo capisce ma lo segue a distanza, negli amici che nel momento del bisogno scappano. Nel dubbio nei confronti del potere che gli viene prospettato "se mi adorerai".
Nell'amore per il prossimo e per se stessi, nell'odio per l'ipocrisia del Fariseo.
Nella parabola del Samaritano che ti insegna che il diverso non è peggiore di te ma spesso è migliore.

La mia fede è sapere che se anche tutto questo non fosse mai esistito, che quando crepo non c'è altro, è comunque stato un onore provare a comportarmi in vita secondo quei principi che Gesù di Nazareth ha predicato, in una sperduta provincia dell'impero romano, oltre 2000 anni fa.

giovedì 8 dicembre 2011

sessasantasette

Io sono un lavoratore, per ora, fortunato.
Ho lavorato in maniera regolare dal 1990.
Con 40 anni di contributi sarei potuto andare in pensione a poco più di 62 anni. Un'eternità, certo, ma anche un obiettivo.
Le lacrime della Ministra Fornero mi dicevano che avrei dovuto lavorare altri 2 anni e mezzo. Ingoio il boccone, a tavola, e tiro fuori una bestemmia onnicomprensiva per lo Stato di Merda che ha consentito per decenni a persone assolutamente in salute di andare in pensione a 40 anni (3 in meno di me), ma anche a 52 con 8 anni di "scivolo" (che ora mi pare il nome del lubrifcante con cui ...vabbè lasciamo stare).
Lo Stato Cicala, ovviamente, lascia 4000 soldati all'estero a combattere guerre degli altri (ma uqanto costano?), non taglia del 50% le pensioni d'oro della propria casta, non richiede contributi di solidarietà a loro che hanno beneficiato della straordinaria generosità di questo Stato di Bengodi.

Ne ho le palle piene, davvero.
Già mi pare improponibile lavorare altri 22 anni
Altro che "Ma sei giovanissimo!" Ho 43 anni!QUARANTATRE, c...
Ajò, ma come si fa?!

Ma poi, ecco la notiziona bella...ma abbiamo scherzato!
Lei andrà in pensione a 67 anni (tra altri 24, cioè) perche tanto il trend europeo è quello.
Il tutto, si badi, nello stesso stato dove una regione autonoma (la Sicilia) consente ai suoi lavoratori di andare in pensione con 20(venti) anni di contributi.
Nel paese dove se sei stato deputato per una legislatura avevi (fino a l'altro giorno) un vitalizio a partire dal 50esimo anno di età (ora 60, si sono sprecati)!
Ma Monti quando parlava di equità parlava di giustizia, o del membro di un cavallo?

 








domenica 13 novembre 2011

Sandro Usai, un "eroe" normale

Io non ho consciuto Sandro Usai. Ho poche cose in comune con lui: essere Sardo, avere un tatuaggio su una spalla, essere padre.
Sandro Usai, leggo dai giornali, era nel continente da un po' più di 10 anni, il che mi dà l'idea che fosse una persona che avesse tentato di vivere nel suo paese.  Ora, io non lo so quando si è fatto tatuare i Mori sulla spalla, ma la mia sensazione è che fosse già emigrato. E che con quel tatuaggio volesse portare il marchio della terra che l'ha generato. 

Ho letto delle testimonianze delle persone che lo conoscevano a Monterosso: era un generoso, una persona che si era completamente inserita nella comunità del paese, lui che da un paese veniva, e di mare, per giunta.
Secondo me operava nella protezione civile sia per quel senso di generosità che aveva innato, sia per un senso di gratitudine su posto che lo aveva accolto.
Noi Sardi siamo così: accettiamo un regalo ma non ci piace rimanere in debito.

Chissà quante volte affacciandosi sul mare, a Monterosso, avrà pensato ad Arbus, alle spiagge di Piscinas e Scivu. Chissà, magari pensava di tornarci, un giorno, e di godere là dei frutti del suo lavoro, come fanno tanti, troppi Sardi.


Ho letto della sua morte, da "eroe".
Io odio la parola "eroe": identifica qualcosa di fuori dall'umano.
A me invece piace immaginare Sandro Usai umano, umanissimo, fatto di rimpianto per non essere potuto rimanere in Sardegna ma orgoglioso per il suo essersi integrato in quel bel paesino che deve essere Monterosso, che amava come casa sua.
A me piace l'idea che fosse un uomo normale, con una vita normale fatta di vittorie e sconfitte, di momenti belli e meno belli. Solo non aveva paura di rischiare (lo sapeva) per aiutaregli altri. A volte va bene, ed un "Grazie, Sandro." sarebbe stato quoanto avresti ricevuto. Ma non è stato così.

Mi piace pensare che ora sei a Scivu, e passeggi tranquillamente in quella lunga spiaggia.
Oppure sei a Monterosso, e passeggi tranquillamente nella via principale e senti dei ragazzini che corrono,  tra loro riconosci tuo figlio.
In un caso e nell'altro, ora sei in pace.

 


lunedì 17 ottobre 2011

Il metodo sticazzi

Mi sto leggendo a scrocco ( e questo implicitamente mi dimostra che lo applico già)
il libro di Carla Ferguson Barberini "Il metodo Sticazzi". Ovvero,  come sentenziano gli autori "diventare invincibili, lavorare meno e guadagnare di più".
Si individuano le sole persone davvero importanti, evitare come la peste gli stakanovisti, non essere invidiosi nè permalosi.
Intendiamoci, portato alle estreme conseguenze questo genere di comportamento...sul lavoro ti porta al licenziamento, tuttavia sia in quell'ambito che in altri semplifica e non poco i rapporti ed il modus operandi.
Tuttavia, a mio avviso, anche questo metodo contiene un difetto: il tempo che si guadagna fregandosene di cose poco importanti o evitabili, come si utilizza?

lunedì 3 ottobre 2011

Gli ho detto

Ieri sera ho dato il latte "della buona notte" a Marco.
Non lo faccio quasi mai, normalmente è una cosa che fa Daniela.
Lo guardo mentre beve, assorto nei suoi pensieri di bambino di due anni e mezzo.
E così gli detto: quel cappello che ti ho regalato oggi (un Bonnette, il cappello tipico sardo denominato anche impropriamente Berritta) lo devi tenere bene, e lo devi portare via con te il giorno che lascerai questa casa.
E lo darai a tuo figlio, lo farai portare anche a lui, magari solo qualche volta, ma fallo.

Perché è importante.
No, non è solo importante.
E' anche bello.
E' un bel cappello fatto da un artigiano Sardo.
Ed in quel cappello bello c'è la perizia dell'artigiano che l'ha cucito, c'è la tradizione di chi lo ha tramandato, c'è il senso d'appartenenza di chi lo porta. E se sarà fuori moda (lo è anche oggi, se è per quello) questo è un motivo in più per farlo portare.

Perché quel cappello è un simbolo, oltre che un bel cappello. E' il simbolo di quella parte più interna del posto dove sei nato.
Quel cappello è l'albero più bello a cui non è mai stato spezzato un ramo, l'acqua di quel fiume che non è stato inquinato o di quel mare che non vede barche solcarlo.
Quel cappello, Marco, è la voce del padre del padre di tuo padre e di quello di tua madre, la voce di di quelli che erano qui prima di loro, della lingua che parlavano e delle cose che pensavano, belle e brutte.
Quel cappello è perciò non solo bello, ma importante. E quando tuo figlio, che sarà per te almeno bello quanto tu non lo sei per me, lo porterà con un misto di fastidio e curiosità, allora tu sorridigli.

Sorridigli come sorrideresti vedendo quell'albero, quel fiume, quel mare.
Perché quel cappello sei tu, sono io, sarà tuo figlio.

lunedì 19 settembre 2011

Credere ad un sogno o rassegnarsi ad una bugia

Venerdì notte sono andato alla festa di IRS. I concerti di Marino Derosas e Cordas e Cannas erano bellissimi. La gente era poca, eterogenea ma l'aria che si respirava era festosa. Ho rimpianto di non aver portato con me Daniela ed i piccoli (la grande suppongo mi avrebbe chiesto 100 euro per venire ad una cosa del genere). Una cosa buona va condivisa.

Lo so che l'indipendenza della Sardegna è come chiedere al Cagliari di vincere un altro scudetto. Lo so che più passa il tempo più siamo invischiati da questa italianità farlocca, abituandoci giorno dopo giorno ad un normale che è illegale, a non doverci più sorprendere nè indignare. 
Perchè vale tutto.
Basta che sia nuovo, simpatico e ci faccia ridere. 
Basta che ci faccia dimenticare che le cose vanno sempre peggio, che siamo volenti o nolenti parte di questa nazione più grande che ci trova bizzarri nella migliore delle ipotesi.

Eppure, come ho già fatto altre volte, mi voglio ripetere quanto c'è scritto nel parco delle rimembranze di Dublino, sulla stele che commemora la loro indipendenza

In the darkness of despair we saw a vision,

We lit the light of hope and it was not extinguished.

In the desert of discouragement we saw a vision.

We planted the tree of valour and it blossomed.

In the winter of bondage we saw a vision.

We melted the snow of lethargy and the river of resurrection flowed from it.

We sent our vision aswim like a swan on the river. The vision became a reality.

Winter became summer. Bondage became freedom and this we left to you as your inheritance.

O generations of freedom remember us, the generations of the vision.
 Si, forse la mia è solo una visione, un sogno. 
Ma preferisco credere ad un sogno che rassegnarmi ad una bugia.

venerdì 26 agosto 2011

Devo spiegare..

..ad Arianna che no, il canale 610 non c'è più. Che anche in soggiorno vedrà gli altri cartoni. Certo sono meno belli (forse) ma dai, in fin dei conti sono belli anche loro.
E che alle 21.30 non comincia "la vita secondo Jim", e che posso fare i piatti anche con più calma.
Ma che per lei non cambierà nulla: il divano sarà sempre comodo, suo fratellino le romperà le scatole ancora per un po' poi tutti a nanna.
Debbo spiegarle che il decoder non si è rotto, semplicemente non lo usiamo più. Ed al suo motivatissimo "E perchè?" non risponderò un "perchè sì" stupido o una bugia "eh, non li danno più.." o peggio una bugia che non potrebbe capire "Costa troppo!".
No, voglio dirle la verità. Troverò le parole, spero. Renderò i concetti facili anche per la sua mente, brillante ed acuta e matura..dei suoi 7 anni.
Le dirò che papà non era d'accordo con le persone che fanno quella televisione perchè
"non fanno più vedere una cosa che vedevano mamma e papà perchè diceva cose che loro non volevano dicesse". E che certe volte per sentirsi bene con se stessi bisogna fare qualche rinuncia.
E le ricorderò anche che dire la verità vale per i piccoli ma soprattutto per i grandi. E che più la verità è grande, più va detta.
E le dirò anche che anche mamma e papà non vedranno più certi programmi che piacevano a loro, ma che hanno pensato fosse giusto dare un messaggio a chi scrive (mentendo) nella propria pubblicità "Liberi di.." mentre invece l'unica libertà che abbiamo è di essere o meno loro clienti.

Devo spiegare a mia figlia una cosa difficile, che forse non capirà e che per certo non gradirà.

Ma ho già spiegato a me stesso, già diversi anni fa, che essere padre non vuol dire chinare la testa, con quell'odioso mezzo sorriso di chi dice "tengo famiglia". E che è proprio perchè ho dei figli che debbo dare loro l'esempio di chi talvolta deve fare scelte non comode, ma giuste.

mercoledì 10 agosto 2011

Come dargli torto?

Ciao, dal mio blog preferito, un bell'intervento del Prof. Morte. L'articolo, condivisibile in tutto, rafforza in me due convinzioni
1- dell'impossibilità di quanto si propugna nell'articolo
2- della necessità di scindere il mio paese da questo altro stato


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Un’esondazione di voltagabbana

Diciamolo per tempo: avremo un’altra occasione da lasciarci sfuggire. Capiterà al termine della storia politica del nostro attuale presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, quando il Titanic ch’egli ha comandato per anni cozzerà inesorabilmente contro il freddo iceberg della sua vecchiaia (a patto che qualche scialuppa non lo recuperi all’ultimo istante – ma in quel caso ci auguriamo si tratterà della barca di Caronte).
“Ho ancora il 60% dei consensi!”, rivendica il Premier. Virgola quattro, Silvio, sennò non ti credono. E infatti qualcuno s’è accorto del pericolo: alcuni topi già abbandonano la cambusa della nave da crociera del Sultano, che comincia ad avere qualche falla ed è destinata ad affondare. Ma è solo l’inizio poiché tanti ne seguiranno, ci vorrà del tempo (pensate che ancor oggi molti imbastiscono manifestazioni pro-Berlusconi. Ottime occasioni, per beccarli tutti assieme).
Bene, il nostro giudizio è questo: non si dovrebbe permettere a nessuno di questi ratti di saltare su di una nuova nave. Non alle pantegane (i servi istituzionali e mediatici del Sultano), e solo parzialmente ai topini (i semplici elettori di Berlusconi), dei quali si potrà tranquillamente incamerare il voto lasciandoli però ai margini delle decisioni (tanto si accontentano già ora d’esser trattati così, non si vede perché concedere loro altro).
Non esiste che la parte del popolo che ha sostenuto per anni un coacervo di delinquenti venga a dettar di nuovo legge come se nulla fosse accaduto, rifacendosi una verginità e raccontandoci di aver sempre criticato Berlusconi o peggio di non averlo votato. Sappiamo bene quanto gli italiani siano avvezzi a questo: un popolo che, salvo minoranze di uomini onorevoli (cioè i partigiani guerriglieri da una parte e i folli fedeli di Salò dall’altra), riuscì a trasformarsi da menefreghista pro-fascista a menefreghista anti-fascista, cambiando bandiera – al solito – al girar del vento. Per non parlare della dabbenaggine che dimostrò nel lasciarsi scippare l’ultima occasione di redenzione (in quel caso, morale), quando, subito dopo “Mani Pulite”, affidò la costruzione della Seconda Repubblica a un già ampiamente compromesso figliastro della Prima. (Oggi Berlusconi, in declino, grida: “Non finirà come nel ’94!”. Lo spero anch’io: non sopporterei la discesa in campo di un altro pifferaio magico).
Dunque siate radicali: voi lo sapete, tra i vostri conoscenti, tra i vostri amici, tra i vostri parenti, chi ha supportato il Sultano. Non dimenticatevene: quando non comanderanno più, non ci dovrà essere compassione per queste persone, che sono responsabili fino alla loro ultima azione pubblica (compiuta per convenienza, per malafede o per ignoranza – non c’importa). La democrazia sembra funzionar meglio laddove è coadiuvata dalla riprovazione etica verso i suoi pervertitori, no?
Politici, inciucisti e finti oppositori, portaborse, servi zelanti, saltimbanchi e troie di regime, sedicenti giornalisti, pubblicitari e propagandisti d’ogni tipo, prelati, pseudo-intellettuali prezzolati, opinionisti un tanto al chilo, feltri e belpietri d’ogni risma, laidi imprenditori, contenti evasori, cittadini ignavi o ignoranti d’ogni sorta. Di tutti dovrà esser fatta piazza pulita (almeno nell’accezione che intese Gianfranco Fini quando, a braccetto con Berlusconi, prese in mano la Rai per la prima volta – ma lui con lo scopo di riempirla di servi). È triste doverlo dire, nella misura in cui può esser triste un’istanza illiberale; si vorrebbe non essere obbligati a sostenerlo, ma quest’obbligo è realistico se, come sosteneva Spinoza (quello meno famoso, senza il “.it”), la pace non è assenza di guerra, bensì una virtù, uno stato d’animo, una “disposizione alla giustizia”.
Bisogna perciò che gl’italiani ci tengano a chiudere una buona volta i conti con loro stessi (cosa che ogni spirito giovane e bennato dovrebbe augurarsi, e infatti Beppe Grillo se ne dimentica sempre). Tuttavia non v’è alcuna speranza che ciò accada: a questo popolo sono state raccontate belle favolette per così tanti anni che ha perso ogni nervo, ogni arditezza, ogni coraggio (che già naturalmente la sua indole tenderebbe a non possedere), ed è maledettamente viziato.
Sarà la solita presa in giro, la solita farsa, il solito penoso melodramma all’italiana. Sarà un’esondazione di voltagabbana.

martedì 26 luglio 2011

Borghezio: “La strage di Oslo colpa della società multirazziale. Che fa schifo”

“E’ una vicenda esemplare che fa capire che le strade del buonismo portano all’inferno, quello vero”, afferma sulla strage in Norvegia l’europarlamentare leghista Mario Borghezio. “L’ideologia della società aperta crea mostri – dice ai microfoni della Zanzara su Radio 24 -. Il killer Breivik è il risultato di questa società aperta, multirazziale, direi orwelliana. Questo tipo di società è criminogeno. Certe situazioni di disagio e di insofferenza è inevitabile che sfocino in tragedia. Quando una popolazione si sente invasa, poi nascono dei fenomeni di reazione, anche se gli eccessi sono da condannare. Quando si diceva prima che la Norvegia e la Svezia accoglievano decine di migliaia di tunisini, bisognava tener conto dell’impatto che un afflusso di questo genere poteva generare. La società aperta e multirazziale non è quel paradiso terrestre che ci voglion far credere coloro che comandano l’informazione. La società aperta e multirazziale fa schifo”.


"Trebuchet MS", sans-serif;">Oohh, ecco, la colpa era la loro!! E così imparano! Perchè il povero Brevich in fondo c'ha ragione lui. Le sue opposizioni sono condivisibili, l'islamizzazione dell'Europa, la razza in pericolo. Le idee? Ottime! Certo, è antitpapista però, in fondo, c'ha ragione lui. Il progetto del califfato in Europa..è tutto vero.

Ascolto l'intervista che ha rilasicato a la Zanzara di Cruciani e..non credo alle mie orecchie.


Un altro ottimo motivo per mettere fine al califfato, quello sì davvero, itagliano sulla Sardegna.

domenica 17 luglio 2011

In ProgRes, ma anche no

No, davvero non vedo più un motivo per far parte di questo movimento, costola di una costola del movimento indipendentista.
Le elezioni amministrative svoltesi in Sardegna ne hanno decretato la fine. Il progetto originante, IRS, era ed è affascinante, anche se sostanzialmente senza un futuro certo. ProgRes ne è la parte probabilmente culturalmente più attiva, ma drammaticamente meno presente nelle battaglie civili ed economiche (es Quirra o Equitalia) che toccano davvero i territori e le problematiche reali.
Spesso, parlando con altri militanti di quello che una volta era IRS facevo l'esempio della lega nord come vincente, perchè presente laddove tutti siamo più sensibili: il portafoglio. E noi Sardi non facciamo eccezione, mi spiace per i puri di cuore.
Gli Usa divennero una nazione indipendente per motivi fiscali. Davvero non so trovare un esempio più adatto.

L'esperimento unitario delle altre componenti indipendentiste per l'elezione del sindaco di Cagliari, seppure non dando i frutti sperati, è anche l'unica reale alternativa alla progressiva italianizzazione del nostro paese.
Continuare a parlare de Sudan e di testamento biologico (argomenti rispettabili per carità) e meno di strade non fatte, di aziende fatte fallire, di tasse che non restano dove sono prodotti i beni per le quali esse si pagano (Saras, per es.), lo vedo troppo, insopportabilmente astratto.

Chi riuscirà a ficcare nelle notre teste il concetto che noi saremmo in grado di amministrarci meglio di come fanno i continentali, avrà il mio incondizionato, entusiastico ma soprattutto concreto appoggio.
Mi auguro che questo qualcuno sia già nato.
Tra i rimpianti che ognuno di noi ha inevitabilmente, davvero non vorrei avere quello di non aver provato a vivere nel mio paese.
Quello vero.

martedì 28 giugno 2011

Capolinea

Non è che abbiamo poi quella confidenza... . Cosa vuoi, sono quasi 19 anni che sono via da Cagliari, ed anche prima in effetti, e prima di quel prima, in fin dei conti era meglio non frequentarsi.

Non è che avessi dell'affetto proprio filiale, inteso come quello classico del figlio... . Diciamo che i parenti non si scelgono, e poi tu lo sai, anche io ho il mio carattere, le mie stranezze. Anche io sono orgoglioso, a mio modo. Ma poi non riesco a portare rancore. Ecco in questo siamo diversi.

No, magari ecco, questo sì, ci piace parlare, a tutti e due. Raccontarci, raccontare. Ci piace ridere. E pensare che insieme abbiamo riso così poco. Mi ricordo, avrò avuto 12-13 anni. Era estate, eravamo in cucina, c'era un film di Totò, e la battuta era una delle classiche del suo repertorio, un misto tra doppio senso e rapidità. Fulminante. Scoppiammo a ridere come matti, tutti e due. Quella risata me la terrò stretta, come quelle mille lire di quando ti lavavo la macchina.

Non so poi perchè hai fatto quella vita là. Chi te lo faceva fare di farti una famiglia? Dicevi sempe che stavi benissimo, prima. E allora?

Non saprei, magari conoscendoti in un altro contesto, magari da adulto, forse sarebbe stato meglio. O peggio, bai e circa...

Che poi non ho mica capito cosa volevi da me. Il dubbio è che non lo sapessi manco tu, onestamente. Cioè, certo mi volevi "dottori". Si, ma poi?

Non so se mi spiego, è come quelle conversazioni che non hanno un inizio ed una fine, quelle da autobus, dove non è chiaro se ti stai incazzando o no, se hai ragione o torto, se sei un dritto o uno sciroccato.

Ma poi l'autobus arriva al capolinea. E tu sei sceso.
Pà, non dimenticare il cappello.

sabato 18 giugno 2011

Pregai

Stamattina presto sono andato al parchetto di fronte a casa. La missione era semplice: staccare definitivamente tutti i faretti che i vandali hanno divelto e lasciato sul terreno con la corrente elettrica ancora attaccata.
Si trattava di tagliare fili, isolarli, portare i paletti tutti in un unico posto, eliminare cocci di lampadine. Un lavoro palloso ma tutto sommato poco impegnativo. Un'oretta al massimo.

Lavoro nel silenzio, il sole del mattino presto (non erano neppure le 7) è già luninoso, ed il verde del prato bagnato è particolarmente piacevole con quella luce. Pare brilli di luce propria.

Io non sopporto l'ignoranza, oggi. 30-50 anni fa si poteva tollerare, oggi no. Chi non sa che spaccando qualcosa di pubblico compie un atto contro gli altri, perchè gli altri sono il "pubblico" è un coglione, non un ignorante.

Lavoro nel silenzio, con metodo. Ordino i paletti divelti che ho definitivamente staccato dalla rete elettrica in ordine. Pensavo di farlo da diverso tempo, ma stamattina come ho visto che ero ben sveglio ma che era presto non ho avuto incertezze. Dovevo farlo.

Io non sopporto chi fa spallucce, chi dice "eh, si sa chi sono" ma poi non fa niente. Diverse volte ho cazziato ragazzini  e meno ragazzini (alti più di me, per intenderci) che davano quei calcetti un pò di noia un po' di "ho voglia di rompere qualcosa". Tutti tacciono. No, non mi temono fisicamente, mi manca la phisique du role. Temono quello che dico e la maniera con cui lo faccio. Sanno che ho ragione e sanno che non ci metterei un attimo a passare alle vie di fatto. Ed in fondo è meglio non rischiare.

Lavoro rapido, in testa ho la mappa dei paletti da togliere, o di quelli in cui la plafoniera è stata fatta a pezzi e rimare un triste moncone rotto. C'è qualocosa di caritatevole nel tagliare i fili, isolarli, prendere quel paletto e metterlo da una parte. Mi sento bene. Sto facendo la cosa guista.

Io non sopporto chi disprezza il posto dove è nato. Chi cambia il suo accento quando il traghetto non vede più Tavolara. Io sono orgoglioso del posto dove sono nato, lasciare ai miei figli la natura come l'ho trovata è un mio dovere. Educarli all'amore per l'ambiente è una mia responsabilità.

Lavoro preciso, mantre il parchetto si comincia ad animare ed il solito portatore sano di cane cagatore si ferma per lamentarsi anche lui "che è una vergona". Parlo il minimo indispensabile, non mi voglio distrarre e voglio tornare a casa prima che si sveglino.

Io lo so che se tutti la pensassero come me forse sarebbe una noia. Ma la Sardegna sarebbe ancora più bella di come è. Poitta no si'nd'acattaus nimmancu de sa fortuna manna chi emmus tenniu de nasci innoi, e tottu si pariri facili, deppiu.

Trabballu acabau. Seu cuntentu e prexiau in su propriu tempu. Appu fattu su chi deppemmu, su chi bolemmu. Appu fattu custu traballeddu in d'una manera cittìa, precisa e rapida chi paremmu unu medicu. Sciemmu su chi si deppia fai e dappu fattu in d'una moda perfetta. Segammu cavus chi paremmu unu chirurgu. Pigammu palitteddus chi paremmu unu preri candu accabbussa su picciccu innanti a sa fonti de su battesimu.

Torru in domu. M'intendiu stranu. Paria chi femmu stessiu in d'unu logu differenti de cussu parchettu, paria chi femmu in cresia. A pregai.

sabato 28 maggio 2011

Sky còddati

L'ultima settimana di luglio manderò la mia disdetta a Sky.
Un po' mi dispiace, mi toccherà vedere il Cagliari dando soldi al nano bugiardo, ma tant'è. Da libero cittadino reputo di avere il diritto di avere il servizio, , pagandolo.
Ebbene, fino a pochi giorni fa ero un soddisfatto abbonato a Sky. Certo, è un po' caro, la qualità dei film va un po' peggirando, ma il prime time (a casa mia le 22), consentiva comunque di poter spaziare tra qualche film, un paio di serie TV, documentari o Current.
Appunto, l'unico canale degno di potersi mettere al livello di Report..è stato cancellato per volontà di Sky Italia (ovvero Sky worldwide) per presunti problemi di bilancio.
Una più dettagliata analisi è visibile presso http://current.com/1lommkc , ma in ogni caso, come dire, un canale al quale pago 60 euro al mese può ben permettersi di andare a perderci in qualcosa, se questo qualcosa è informazione senza bavaglio in un paese dove bavagli purtroppo ce ne sono svariati.

Ma la decisione evidentemente non è stata presa in Itaglia, come spiegava anche Al Gore da Santori qualche settimana fa, ma in Usa, la presunta patria delle libertà, dove Current scopre le magane di Murdoch.

Ora, per avere una informazione dopata mi basta la Rai, ma finchè non fanno fallire La7 ho speranze.
Mi dispiacerà un po' per i bambini, ma sono sicuro che qualche cartone animato in meno non ne brucerà la crescita. Mi dispiace per qualche serie TV. Ma magari qualche sera potrò passarla a parlare con lei.

Ma soprattutto mi dispiace per Sky, di cui sono stato felicemente abbonato per diversi anni, vantandone giustamente gli ottimi programmi di informazione e approfondimento. Credo che l'informazione oltre che essere di buona qualità debba essere libera. Sempre.

Perciò, Sky còddati.

sabato 14 maggio 2011

Non avere vent'anni

Il punto è che a quindici anni ne vuoi avere diciotto, a diciotto venti, a venti 30 ecc..
Il punto è che poi non hai più vent'anni, in nessun senso
Non hai più vent'anni fisicamente. La stanchezza è meno facile da recuperare. La notte non è più fatta per dormire o meglio per altro...e per per la verità passo sempre più tempo a pensare.

E poi ci sono le responsabilità, la famiglia, i figli, il lavoro ecc.., insomma tutto quello per cui ti sei sbattuto dai 25 anni in poi.

Ma (non sempre per la verità) nella testa hai sempre vent'anni (nel mio caso 17, onestamente).
E così nei momenti "vent'anni" mi ritrovo a sognare su futuri..che ho già tracorso. Sulle scelte che non ho fatto, sulle battute d'arresto che diventano progressi, sui pregi che visti da altri poi sono difetti.

Ma poi mi siedo sul divano, nel silenzio della mia casetta. I bambini e la mia compagna dormono.
Il mio whisky ha 21 anni (più della mia età immaginaria), il mio bicchiere è ancora mezzo pieno.

No, davvero non ho più vent'anni.

martedì 19 aprile 2011

Perchè quando ho finito di dire quello che debbo dire, ho anche finito di parlare

In effetti è proprio come dal titolo del post..
E' un momento della mia vita che ho finito le parole.

E allora, vai con Spinoza!

Berlusconi: "Per favorire il turismo, presto gli spot che mostrano i fondali di Lampedusa". Sono già pieni di gente.
La spazzatura di Napoli si sta decomponendo. Concorrerà al Nobel per la chimica
Berlusconi non rivela dove verranno trasferiti i profughi. Serve la tessera Premium.
Galan si insedia alla Cultura. L'opposto è improbabile.
Il Vaticano: "La fecondazione assistita è un peccato". In effetti ci si perde il meglio. 
Alfano minimizza: “A rischio solo una piccola parte dei processi”. La sentenza.     
“Mi sento il Sud dentro!” ha detto Renzo Bossi all’operatrice del 118.
Pare che Gesù fosse gay. Cose che succedono quando il bambino non cresce in una famiglia tradizionale.
Confindustria: “Per noi la sicurezza è sempre all’ordine del giorno”. Tra le varie ed eventuali.

ora sto meglio.  

venerdì 25 marzo 2011

Alcune ottime ragioni per non fare centrali nucleari in Sardegna

Personalmente non sono una persona che non cambia mai idea.
Mi è capitato negli anni di farlo nei confronti di tante persone, da uomini pubblici a persone di umile condizione.
Ho cambiato negli anni orientamento religioso, ne senso che ho costruito una mia spiritualità.
Ho mutato credo politico, anche se sono rimasto e sono fedele ad una idea di socialismo che opera in un contesto politico democratico, in cui lo stato ha compiti e spazi precisi.
Pertanto posso dire di non essere una persona chiusa nelle sue idee, o peggio pregiudizi.

Pertanto mi sono approcciato tempo addietro alla costruzione di centrali nucleari in Sardegna, con spirito non giacobino ed anzi  impregnato del pragmatismo che mi contraddistingue.
Certamente
- la costruzione di centrali nucleari potrebbe portare importanti ricadute economiche; 
- inoltre consentirebbe di avere energia a basso costo ed in quantità molto elevata, il che portebbe maggiore competitività alle nostra aziende; 
- sarebbe sicura, perche costruita con tecnologie oramai collaudate e su una terra antica, con rari e lievissimi scosse telluriche.
Questi argomenti, forti e pieni di buonsenso, però si scontrano con una relatà che è un po' diversa:

-se la Sardegna fosse un posto che necessita di energia per la sua importante industria..avrei anche da discutere della cosa. Ma poichè noi produciamo già il 150% della nostra energia (si, non solo siamo autosufficienti ma la esportiamo) ed inoltre possiamo comodamente utilizzare le energie rinnovabili (casa mia lo dimostra)
- costruire in Sardegna centrali atomiche sarebbe tutto meno che una fonte di lavoro:
non sarebbero costrutite da noi sardi (le imprese sarebbero continentali, meglio se mafiose, garanzia di avere sabbia invece che calcestruzzo), i tecnici non sarebbero sardi, le ricadute economiche essenzialmente di operai (ancora, e i laureati ovviamente emigrano)
- costruire in Italia fa rima con ritardare: una centrale che all'estero viene costruita in 5 anni qui nella migliore delle ipotesi ne necessiterebbe del doppio...sempre che non finiscano prima i soldi.
- le scorie le mettiamo sotto il tappeto, ovvero in qualche miniera dismessa? Già vedo il parco Geominerarioatomico.



Insomma, forse il nucleare in Sardegna si sarebbe potuto fare, magari 40-50 anni fa quando lo sviluppo di quel tipo di risorsa energetica era conveniente e non aveva reali alternative. Ma oggi, nel paese che è l'Italia, è a mio avviso semplicemente da evitare.
Tragedie come questa recente in Giappone insegnano che anche quando le cose vengono costruite a regola d'arte ci possono essere situazioni estreme che creano, necessariamente, danni difficilmente rimarginabili.

Perciò no, non credo di cambiare idea, almeno su questo aspetto.



venerdì 4 marzo 2011

gittinwide: 28 Aprile 1794

gittinwide: 28 Aprile 1794: "Il 28 Aprile 1794 il popolo di Cagliari insorgeva per difendere due avvocati sardi dall’arresto comandato dal viceré piemontese. Da quell’..."

Eh, dott.Perra, te l'immagini se quella consapevolezza ci avesse portato alla piena indipendenza...Gavino a quest'ora era presidente del consiglio?
Greetings from Florence
Andrea R.

lunedì 28 febbraio 2011

Meritarmi di vivere in Sardegna

Colgo l'ccasione di una chiaccerata virtuale con un amico per scrivere su qualcosa di personale, che evidentemente se scritto in una pagina pubblica personale non lo è più.
Da alcuni mesi faccio il pendolare tra una città del continente molto bella, dove ho un eccellente impiego in una azienda solida, e la mia bella isola, dove vivo in una città che, stanti l'ubicazione e le potenzialità, vivrebbe nel benessere in un contesto di qualità della vita da nord Europa... se non fosse popolata da Sardi (oltre che da una fiorente colonia di continentali).
Infatti, qui stà la mia provocazione, tutte le volte che immagino il futuro di quella città, non posso fare a meno di portare come elemento negativo la nostra presenza.

Ma del resto, come potrebbe essere altrimenti?
Inconcludenti, spesso pigri, invidiosissimi, ignoranti fieri di esserlo, sempre pronti a pendere dalle labbra del potente di turno, specie se con l'accento di oltre Tirreno.

Pieni di un vacuo, inutile senso di sardità che si traduce nel cambiare l'accento dopo 3 giorni che si sta altrove.
Consciamente ignoranti delle straordinarie potenzialità del posto dove siamo nati. I nostri figli conoscono i nuovi smutandati del Grande Fratello ma se gli chiedi cos'è Ingurtosu, evidentemante non lo sanno. E certo, la scuola ha la sua responsabilità, i media la loro, la società nella quale viviamo del resto è piena di questi "valori alla rovescia", di questo ostinato cancellare tutto quanto siamo stati, di quanto invece cerchiamo il tutto-subito-facile.
Proteggiamo il nostro territorio fino a quando poi non ci viene da fumare e buttare inevitabilmente la cicca in piaggia, o portiamo il cane a cagare al parco pubblico. Il nostro senso civico è pari alla coscienza comune della storia della nostra Isola. Non esiste.

Vedo le solite incompiute statali, l'incapacità di noi Sardi di fare impresa per la cronica assenza di capitale che per la verità non facciamo proprio a spinte per accaparrarci. Noi che potremmo con la sola nostra posizione avere migliaia di posti di lavoro con turismo, trasporti, energie alternative, agroalimentare di qualità.
E così, mentre respiro l'aria piena di odore di mirto, l'odore del mare che dista pochi metri, vedo le strade piene di buche trafficate da SUV sempre più grandi e sempre più spesso mai pagati che non rispettano lo Stop.



Tant'è che mi viene da dentro un odio sordo, senza parole, che potrebbe sfociare solo in violenza.
E allora forse è meglio vivere fuori, lontano dalle occasioni perdute, lontano dal pressapochismo pieno di lamentele che non sanno tradursi in azioni.

No, davvero non so se meritarmi di vivere in Sardegna.

mercoledì 16 febbraio 2011

ProgReS, magari un giorno.

Il nome proposto, ovvero l’insieme del nome sardo – Progetu Repùblica (de Sardigna) – e dell’acronimo ProgReS (con un velato richiamo alla lingua inglese), mira a comunicare in modo sintetico l’idea di un indipendentismo sardo dinamico e organizzato, plurale e condiviso, propositivo e determinato, per la Repubblica di Sardegna e la trasformazione della nostra società; un soggetto che confermi e rilanci la politica nonviolenta, non sardista, non nazionalista, non rivendicazionista elaborata e messa in atto in questi anni.
Da http://www.progeturepublica.net

L'idea di progetto è evidentemente accattivante.
L'appartenenza ad una comune casa europea, un'idea di indipendentismo non nazionalista, non xenofobo, ma moderno e progressivo non può non colpire. Non meno, l'amarezza per quanto è accaduto negli scorsi mesi è ancora presente, anche se in maniera velata, nei rimandi ad un tipo di movimento non incentrato sullo status quo quanto sul nuovo, sul progredire appunto.
Sulla lunghezza del cammino..chi può dirlo?
Solo, questo sì, spero ci sia davvero un ricongiungimento di tutte le forze indipendentiste. Senza di questo quel progetto non potrà realizzarsi, il germoglio diventare albero.

sabato 22 gennaio 2011

Current

Il primo post del 2011 vuole parlare , questa bella realtà televisiva presente anche in italiano, che guardo quando mi è possibile.

Da Wikipedia
Current TV è un network televisivo internazionale di informazione indipendente, fondato nel 2005 da Al Gore - ex vicepresidente degli Stati Uniti e Premio Nobel per la Pace 2007 - e dall’imprenditore e avvocato Joel Hyatt.
Premiata nel 2007 con un Emmy Award per il suo originale servizio TV interattivo, Current è una piattaforma cross-mediale attiva 24 ore su 24 che integra televisione e internet. Current si fonda sul concetto degli User Generated Content (contenuti generati dagli utenti), dunque conta sulla partecipazione attiva di un pubblico di young adults (18-35 anni), pronto a proporre e fruire dei contenuti con l'intento di creare una coscienza collettiva attraverso lo scambio partecipativo d'informazioni da ogni angolo del pianeta.
Current ha implementato per prima nell’industria televisiva il modello dei contenuti creati dallo spettatore (VC2 – Viewer Created Content), che costituiscono circa un terzo delle trasmissioni della rete. Il network ha inoltre sviluppato un nuovo modello di spot chiamato V-CAMs (Viewer Created Advertising Messages), ovvero messaggi pubblicitari creati dallo spettatore.
Current è attualmente visibile negli Stati Uniti, Inghilterra, Irlanda, Italia attraverso i partner di distribuzione Comcast (Canale 107), Time Warner, DirecTV (Canale 366), Dish Network (Canale 196), BSkyB (Canale 193) e Virgin Media Cable (Canale 155) e SKY Italia (canale 130). Le trasmissioni italiane sono partite l’8 maggio 2008. Dalla primavera 2009 va in onda anche nel quarto paese del network: il Canada.
Dalla rete al satellite, Current TV offre proposte che tendono a discostarsi dalle usuali programmazioni e soprattutto investono su idee e persone nuove. Il concetto alla base di questo modo di fare televisione consiste nel proporsi come alternativa alle forme tradizionali d'informazione imposta dall’alto, senza possibilità di feedback da parte dell’utenza. Con Current invece la tv è fatta con la partecipazione degli utenti.
Secondo il co-fondatore Hyatt: "Si tratta di portare l'Internet intelligente in TV, non la TV stupida sugli schermi di Internet".