venerdì 7 novembre 2014

Marco, lo vedi quel signore alto?

Marco lo vedi quel signore alto?
Adesso tuo padre ti racconta una storia, che poi non è una storia..

Per chi come me era troppo piccolo per ricordarsi, lui, loro erano una specie di leggenda. Giganti che erano riusciti a fare l'inimmaginabile. Avevano dimostrato in maniera inconfutabile l'esistenza del divino e dell'imponderabile nel calcio moderno. Noi piccoli vedevamo i nostri adulti con gli occhi spiritati parlarne, agitarsi,  come se avessero vissuto una visione collettiva. Io bambino vedevo quegli uomini grandi, con quelle voci grosse e le mani enormi raccontare con la voce estatica che si, era tutto realmente accaduto.

Era successo davvero. Davvero. Ci urlavano pastori e banditi. Ma poi, alla fine della partita, a urlare eravamo noi. Il pastore ti ha coddato, contento sei? (quest'ultima frase magari a mamma non dirla)

Marco allora internet non c'era, e queste cose le leggevamo nelle ingiallite pagine dei quotidiani che qualcuno aveva conservato da allora. Era tutto vero. Eravamo stati noi, minca se eravano stati noi! 
Anche noi avevamo avuto i nostri giganti imbattibili. Che avevano vinto a Milano e a Torino, a Roma e a Napoli. Si dappertutto Marco, anche a Inter. 

Avevamo anche avuto (incredibile a dirsi) il capocannoniere. E non una volta, ma ben tre volte. E non era un estroso brasiliano o un monumentale nordico dal cognome slavo.
Macchè, era uno che veniva dalla provincia di Varese, con la faccia più sarda che tu ti potresti immaginare. Sopracciglia e muso un po' sporgenti. Silenzioso da poter apparire muto. Ma non era muto, semplicemente parlava quando aveva qualcosa da dire. Non come adesso, no.

E non ti dirò di quella volta che disse di no a Boniperti  e a 2 miliardi di lire di allora (cifra difficilmente calcolabile, siamo intorno al 1972). Non dirò che è ancora oggi il capocannoniere della nazionale italiana. Non dirò che è inconfutabilmente il più forte centravanti italiano di sempre. Quello che dirò, invece, è quello che è stato dopo.

Ti dirò, figlio mio, di come era strano quando ti tocca vivere con quel signore altro, con quella leggenda che passeggia nel tuo quartiere, e che saluti timidamente ma con confidenza.
Ti dirò che è stato un uomo verticale, nel senso che non si è piegato alle mode del momento.
Ti dirò che era destra, ma senza essere fascista o peggio berlusconiano.
Ti dirò che è un cittadino di Cagliari come gli altri, ma senza gli eccessi gossipari che oggi sono la norma nel mondo dei crestati tatuatisssssimi.  
Ti dirò che non era come quelli che si gettano in terra tarantolati per una spinta, e che quando ti dico "No ti ghettas in terra, gioga!"  è perché la mia educazione allo sport che voglio sia la tua deve essere incentrata innanzitutto sulla lealtà, di cui le persone come lui sono l'esempio palese.

Perché vedi Marco quel signore alto avrebbe potuto guadagnare di più, forse vincere di più. Ma ha preferito rimanere se stesso nella sua unicità e non uno tra i tanti. E che con questo modo di fare abbia dimostrato si può essere felici anche così.  

Lo so Marco, tu oggi sei imbottito di Sky e  del mondo del pallone di oggi dove o sei un "top player" (ma che stronzata) oppure niente. Però devi anche capire che c'è un altra maniera di vedere il calcio. E' quella strada che ti porta a dire che vincere non è tutto. E il gioco che è tutto.