martedì 31 marzo 2015

Ti lascio un messaggio

Ti ho chiamato ma non rispondevi. Dovevi essere fuori casa. No, il cellulare non è cosa per te. È che ti volevo chiedere di spiegarmi come era Cagliari prima della seconda guerra mondiale. Lo sai quanto sono fissato con la storia.

E anche di mio nonno, tuo padre. Ma mi piacerebbe che mi dicessi la verità. Non quella stucchevole storiella dei bombardamenti. Quella la so a memoria. No volevo sapere quant'era duro aver perso tutto e ripartire da zero. Come fece tuo babbo, con un sacco di figli piccoli, la casa distrutta e il lavoro da fabbro. 

Volevo sentirti parlare in cagliaritano. Un po', solo un po'. Hai visto, anche io lo parlo bene, mancai no ci bivu immoi bint'annus, in Casteddu. 

Poi ti volevo dire che quella volta che mi hai detto che in fondo anche io avevo trovato la mia strada, beh mi ha fatto piacere. Non siamo mai andati d'accordo noi. Ma non credo ti sia costato ammetterlo. Sapevi essere obiettivo, quando volevi.

No non mi manchi. E no, non mi sei di esempio in nulla. Ma sento, questo si, davvero, che avremmo potuto tutti e due fare di meglio, di più. 
Per te io sono sempre stato quello riuscito male. Per me tu qualcuno da prendere a piccole dosi, anzi, da evitare. E ci siamo riusciti bene, in questo.

È da un po' che sono padre anch'io. Sapessi quanto mi impegno ad essere diverso da te. Ogni tanto però mi sento parlare ed incredibilmente nelle mie parole sento un riflesso, un qualcosa che inevitabilmente mi riconduce a delle cose che sentivo dire a te. 
Tranquillo, io le dico meglio, e poi ascolto la risposta. Ma la preoccupazione per i figli è la stessa. E si, anche io sono convinto di avere ragione.

Si è fatto tardi, ed il tempo che avevi è finito. Ti lascio un messaggio. Anche se so che non lo ascolterai.