martedì 24 agosto 2010

In morte di Francesco Cossiga

L’articolo di Sedda (http://www.irsonline.net/2010/08/in-morte-di-francesco-cossiga/), che giustamente evidenzia la strutturale differenza tra movimento autonomista ed indipendentista, mi spinge ad una considerazione: basandosi sulla mancanza di politici di spicco di origine sarda che sappia riprendere nell’alveo nazionale italiano il posto di quello che ebbero i vari Berlinguer, Cossiga, Segni, è possibile (auspicabile) che possa accellerarsi il processo di progressivo scollamento tra la classe politica isolana e quella continentale.
Nel dettaglio, la mia ipotesi si basa sulla capacità dei Sardi di identificarsi in politici locali di rilevanza nazionale (italiana). 
E’ ovvio che una rappresentanza di tipo importante (es Presidente della Repubblica- Ministro o altro) aumenti nell’immmaginario collettivo la sensazione di appartenenza ad un organismo più grande.
Ma la “leva” dei politici Sardi post secondo dopoguerra non ha lasciato eredi. I Pisanu, Cicu, Parisi, Diliberto, Angius sono delle seconde linee, Soru è impegnato a risollevare le sorti della propria azienda, lo scarso potere in termini di seggi stanno immancabilmente distaccando dal sentire comune dei Sardi la politica “romana” da quella locale. Addirittura in certe aree (Gallura) si vede come locale un politico come Berlusconi che ha la seconda (?) casa a Porto Rotondo.
Insomma c’è una progressiva spersonalizzazione, aumentata dalla attuale legge elettorale che lascia campo libero ai partiti politici candidare chi si voglia dove si crede.
Ma il delegare ad altri che erano in un certo qual modo rappresentanti del territorio paga se quel qualcuno ha un peso, insegna la storia dell’Italia repubblicana. 
Questo aspetto potrebbe essere un efficace grimaldello per quella forza politica che volesse scardinare la catena “sardo&italiano” che personalità quali il Cossiga, peraltro con un senso del (suo) Stato encomiabile, hanno tenacemente portato avanti.
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