lunedì 26 aprile 2010

Sa Burrida

Il tipico antipasto di pesce cagliaritano (ma anche secondo, alla bisogna) ha un'etimologia incerta. In liguria esiste la Buridda, una zuppa di pesce, ma quella cagliaritana si differenzia di molto da tutti gli altri guazzetti di pesce per diversi motivi
- l'aspetto, che oggettivamente non è bellissimo al contrario delle colorate zuppe di pesce che si trovano un po' dappertutto nel mediterraneo
- la particolarità del gusto, piacevolmente agrodolce per via della mescolanza di sapori salati, il dolce della cipolla e l'aceto, utilizzato nella preparazione della salsa
- l'utilizzo di un'unica varietà di pesce, tra l'altro non pregiatissimo: il gattuccio è sostanzialmente un piccolo squalo
- la modalità di consumazione, rigorosamente dopo le 24 ore
Ingredienti per una Burrida per 6 persone:
1 kg di gattuccio, che troverete agevolmente al mercato di San Benedetto; 9 noci, meglio se di grosse dimensioni e col gheriglio carnoso; 1 spicchio d'aglio; 1 mazzo di prezzemolo; 1 cipolla (io preferisco la rossa); aceto bianco, a proprio gusto; sale fino; pepe nero meglio se macinato fresco; olio d'oliva; almeno un limone;alloro in foglie

Avvertenze: la burrida è meglio se la preparano gli uomini. Non so perché, ma mi hanno detto così una volta e tutte le volte che ho assaggiato la Burrida fatta da una signora, magari una cuoca di prim’ordine, io me ne sono sempre accorto.

Preparazione: bevetevi prima un bicchierino di Nasco, che cucinare avendo sete non è bello.
Lavate e smazzate il gattuccio
Togliere il fegato e sbollentarlo a parte in acqua salata per 5-10 minuti. Quindi schiacciarlo come per farne un paté.
Lessare il gattuccio e lessarlo in acqua salata e l’alloro (io ne metto 2 foglie) per un quarto d'ora abbondante, spellarlo e quindi tagliarlo a tocchetti di 5 cm.
Sfarinare grossolanamente con le mani i gherigli delle noci ed unirci un po’ di aceto.

Ora, prepariamo la salsa, che dovrà essere cremosa e soprattutto abbondante, dato che dovrà ricoprire abbondantemente il pesce
In un tegame scaldate un po’ d'olio (un po’ meno di mezzo bicchiere), aggiungere l'aglio intero, la cipolla tritata finemente e il fegato. Fatta una amalgama di questo composto quindi aggiungeteci le noci ed aceto, secondo il proprio gusto. La Burrida era un piatto per poveri e l’aceto serviva, evidentemente, come conservante naturale. Magari cent’anni fa la Burrida sapevo molto più di aceto di oggi...un altro bicchierino di Nasco ci farà tornare nuovamente concentrati.

Nel frattempo che avrete preparato la salsa il gattuccio sarà bollito, perciò lo si scola (chi vuole ci lascia le foglie di alloro). Il pesce quindi è pronto per essere immerso nella salsa, dove riposerà meglio se in frigo per un giorno. Se le vostre mogli rompono i c. dicendo che gli infragate di aceto il frigo.. hanno ragione. Chiedete scusa ma dite loro di non rompere e che se non gli avete messo le mani addosso tutta la vita non vuol dire che non si possa cominciare oggi.

Il giorno dopo prendere la Burrida dal frigo, rimestarla delicatamente. E’ pronta. Certo, sembra il vomito di un gatto, ma è invece buonissima.

La carne soda e muscolosa del gattuccio ha assorbito gli aromi della salsa. Il dolce della cipolla si fonde con l’agro dell’aceto, il salato del fegato inframezzato ogni tanto dal croccante del gheriglio di noce.
La burrida è buona fredda ma è abitualmente servita a temperatura ambiente. Mangiatela con calma, orgogliosi del vostro operato, pensando c he state ripercorrendo in quel momento un pezzo di cultura e tradizione inalterato da secoli.

giovedì 8 aprile 2010

L'Europa del futuro

A seguire il mio commento all'articolo di Nello Cardenia visionabile presso http://www.irsonline.net/2010/03/europa-del-futuro/#more-2024

Indubbiamente la focalizzazione su quanto avviene in paesi diversi dall’Italia può essere utile per definire in quadro generale Europeo dell situazioni che potrebbero accomunarsi a quella Sarda. Ma debbo dissentire.

La nostra situazione non è affatto paragonabile a quanto avviene in Scozia o Catalogna per alcuni aspetti, Paesi Baschi per un altro, Corsica per l’ultimo.
I primi due sono regioni con economie assai ben integrate negli stati nazionali nei quali sussistono, ed anche demograficamente sono aree di una certa importanza.
I Paesi Baschi sono per alcuni aspetti più simili all’Ulster, per una presenza importante di una formazione paramilitare che invero è tristemente famosa per episodi di terrorismo piuttosto che per una democratica presa del potere.
La Corsica, poi, ha una popolazione autoctona inferiore a quella Francese residente sul territorio dell’Isola.
Assodato dunque che non vi sono de facto situazioni che calzino o possano essere da esempio, occorre delineare un proprio percorso.
IRS ha coerentemente intrapreso una politica che mira, in maniera franca, coerente e senza demagogie, all’indipendenza della Repubblica di Sardegna. Ciò è condivisibile, ma non è nulla di nuovo rispetto a quanto altre formazioni indipendetiste fanno da tempo.
Inoltre, razionalmente, verrebbe da pensare perchè l’indipendentismo non si sia riunito sotto un’unica egida al fine di massimizzare lo sforzo.
L’esperienze fatta nel continente da una formazione esecrabile per molti (quasi tutti) gli aspetti ma estremamente efficace da un punto di vista elettorale come la Lega nord dovrebbe invece far riflettere su alcuni aspetti:
- nel nord Italia non ci sono più leghe ma una sola, che pure a precise connotazioni regionalistiche (un leghista genovese o astigiano è molto diverso da un bergamasco o trevigiano) poi riassume il tutto in una partito monolitico
- la Lega punta tutto su 2 aspetti: la facilità del messaggio ed il radicamento sul territorio. Il messaggio è elementare :”Le tasse del nord debbono essere spese maggiormente al nord”. Ora, paradossalmente un partito indipendentista ha un messaggio ancora più impattante “Le tasse non vanno da nessuna parte, stanno semplicemente dove vengono esatte e sono utilizzate totalmente nel territorio”
Il radicamento sul territorio, poi, è l’altro cardine sul quale si fonda il successo elettorale leghista: utilizzando la vecchia cara tecnica del porta a porta, cardine del successo lettorale del PCI ed ora PD nelle regioni “rosse”, ha prodotto lo spostamento di milioni di voti dai partiti tradizionali, di destra e sinistra, verso una formazione politica che certo non brilla per la capacità oratoria dei suoi leader o per la fine elaborazione politica, ma è appunto efficacissima nel cogliere nel segno, interpretando il malcontento nel territorio, cavalcondolo per diventare forza di governo e quindi sedimentandosi sul territorio stesso, prendendo semplicemente il posto delle forze politiche che si riprometteva di cancellare in tutto e per tutto.

Intendiamoci, da parte mia non reputo che il “case study” leghista sia intergralmente da applicarsi alla reltà Sarda, nè che noi siamo paragonabili ai lombardi o veneti, tuttavia ci sono degli aspetti, appunto, che dovrebbero essere presi in considerazione:
- il messaggio “noi vogliamo l’indipendenza” è, come ho già scritto altrove, di per sè poco incisivo. Non perchè non sia di per sè un’ottima cosa, ma perchè la maggioranza dei Sardi la reputa di fatto irrealizzabile, prigioniera dell’atavico sentimento di inferiorità che portava i nostri padri a preferire farci imparare “s’italianu” piuttosto che la lingua dei propri padri.
- IRS ha una eccellente preparazione culturale e politca (i vostri interventi ne sono la prova provata) ma la vedo onestamente in deficit di visibilità nei media, che sono la cassa di risonanza delle idee, buone o cattive che siano.
- purtroppo in Italia lo sanno bene: senza una mobilitazione di capitali le idee non vanno avanti. Il PD si finanzia in una maniera, il PDL direttamente dalle tasche del suo padrone, tutti dalle casse dello stato. Se IRS vuole diventare una forza dapprima presente in un alveo nazionale, quindi aspirare a una realistica possibilità di portare avanti un discorso indipendentista, non può sottrarsi a questo gioco.
- solo un massiccio movimento volontaristico e popolare, nel senso più profondo del termine, può rendere giustizia di un’ideale tanto alto. Ciò nasce da una tensione morale che sinceramente non vedo. Noi Sardi siamo narcotizzati dai media nazionali e regionali che ci trasmettono spesso una reltà dopata, nella quale le nostre esigenze sono semplicemente ignorate in quanto, appunto, non compaiono. Solo singoli casi isolati quali l’Alcoa sono presi in considerazione, perchè appunto nascono da un malessere profondo e sentito nel territorio. Forse non è aupicabile che l’intera Sardegna diventi una grande Portovesme, ma la tensione e la determinazione che hanno portato in piazza quegli operai può essere un elemento da non sottovalutare in un’Isola che ritrova il suo orgoglio la domenica allo stadio o alla festa del santo patrono.