giovedì 30 aprile 2009

L'acabadora ovvero l'eutanasia alla maniera dei sardi

Col termine Accabadora (f.) o Accabadori (m.) si intende in sardo una persona che terminava (dallo spagnolo acabar) la vita dei moribondi. A seconda della zona geografica la finzione poteva essere tenuta da donne o uomini.

Il modus operandi dell'Accabadora è vario, così come la massa di usanze che differiscono sigificativamente da paese a paese: l'utilizzo di un bastone corto fatto in legno di ulivo (su mazzolu) è comunque il più diffuso, anche se sono ugualmente note il soffocamento con cuscini o fisicamente strangolandolo tra le gambe.
Alziator cita invece un giogo in miniatura da poggiare sotto il cuscino del moribondo al fine di alleviare la sua agonia, che era giustificata evidentemente dalle malefatte che la persona aveva compiuto all'interno della sua vita. Il giogo identificava iconologicamente la vita dei campi, luogo dove sarebbero potute avvenire le nefandezze per le quali il moribondo era stato condannato ad una morte lenta.

La pratica non doveva essere retribuita dai parenti della persona oggetto della funzione dell'accabadora per motivi religiosi (il cristianesimo palesemente lo condanna) e superstiziosi.

Anche la ritualità è oggetto di discussione: si dice che entrasse nella stanza del moribondo vestita di nero e con il volto coperto, oppure che togliesse dalla stanza dove doveva operare le immagini sacre e tutti gli oggetti a lui cari al fine di rendere più semplice e meno doloroso il distacco dello spirito dal corpo.

Ciò che è invece assodato è che l'attività di queste figure in Sardegna è tutt'altro che dimenticata e, soprattutto, documentata ancora negli anni fino almeno al 1952.

Personalmente ho letto 2 libri sulla materia:
"Il folklore sardo" di Francesco Alziator, ed "Eutanasia ante litteram in Sardegna" di Alessandro Bucarelli, che consiglio a tutti coloro fossero interessati a questa usanza, compassionevole e crudele, arcaica ma modernissima.
Consiglio inoltre la visione del cortometraggio di Michele Sechi "Sa Femina Acabadora"

venerdì 17 aprile 2009

Il problema dei conti pubblici e l'impossibilità di accorpare elezioni e refendum

Decidere di non accorpare la data del referendum con quella delle altre elezioni, spendendo 400 milioni che si sarebbe comodamente potuto risparmiare, è l'ennesima buffonata che questo governo/onta ci fa passare.
In un momento di palese difficoltà economica, aggravato dal terremoti abruzzese, la cosa più sensata che il nano ed il suo entourage avrebbero potuto fare sarebbe stato dare un segnale di buonsenso.
Macchè, il partito della Ronda Continua (pare, l'ha detto ilvio e perciò facile che sia una cazzata) minaccia addirittura la crisi di governo.
Devo dire che 2 personaggi, in questo contesto, mi hanno sorpreso:
D'Alema, orrido esempio di chi dice che "nel PD bisogna dare spazio ai gioivani" salvo poi stare ben attaccato alla poltrona, che dichiara che "il rinvio sia il male minore, perché tutto sommato ci consente di fare una campagna dedicata al referendum";
Fini, il ciambellano di Silvio che in un rigurgito d'orgoglio (forse canto del cigno, mi sa) che dichiara "Sarebbe un peccato se per la paura di pochi il governo rinunciasse a tenere il referendum il 7 giugno spendendo centinaia di milioni che potrebbero essere risparmiati".

che io stia diventando di destra?

sabato 4 aprile 2009

Ultimo viene il corvo

Ultimo viene il corvo contiene trenta racconti brevi scritti da Calvino tra l’estate del 1945 e la primavera del 1949. La prima edizione esordì nel 1949 per Einaudi e successivamente Calvino scelse venti di questi brani per inserirli nella raccolta più vasta intitolata "I Racconti".
Nel 1969 fu la volta di una nuova edizione contenente venticinque racconti della prima edizione più cinque di poco posteriori, in ordine diverso, che è quella che poi ho letto io.
Il libro tratta argomenti di vario genere come la resistenza (vissuta realmente da Calvino), l'adolescenza, la sensazione di disordine sociale del secondo dopoguerra, la povertà ed altri, riferibili se vogliamo al neorealismo.
Del resto la varietà dei temi sottolinea la straordinaria versatilità di Calvino, che si serve dei personaggi dei racconti per esprimere ai lettori le proprie idee. Ogni racconto è un tassello di un mosaico indispensabile ma tutti parlano della crudeltà della guerra mondiale che colpisce indistintamente i ricchi e i poveri, gli adulti e i bambini e che lascia segni indelebili nelle persone.
Cosa mi affascina di Italo Calvino è lo stile asciutto, nessuna concessione alla retorica , il racconto dei fatti senza usocomo accaduti senza non porre davanti al lettore eroi, ma solo persone che si sono trovate a vivere una situazione spaventosa.

Nessuna celebrazione enfatica e zuccherosa del periodo storico in questione;
trapela anzi la sua coscienza di intellettuale che vede ciò che accade e non sempre l'approva, ricco di fantasia e dall'intregerrima onestà intellettuale.

Come mi mancano oggi riferimenti umani di questo spessore!