martedì 30 luglio 2013

Dare il sangue

La cosa, detta così, pare un sacrificio abnorme, una specie di condanna.
L'iconografia cattolica del Cristo che dà il suo sangue per noi,  l'occulto che si palesa nei riti satanici, ed ultimamente questo revival in chiave fighetta dei vampiri. Davvero il sangue appare materia a metà strada tra il macabro e l'esoterico.
Insomma parlare di sangue tutto è meno ciò che è davvero: tessuto connettivo allo stato liquido.
Ma non volevo scrivere di questo in realtà.

Volevo scrivere che poche cose mi fanno stare bene con me stesso come dare il sangue.

Ho cominciato da ragazzo, 18 anni, per non andare a scuola, come tanti. Paura no, la balentìa di non farsi vedere timoroso dalle compagne di classe, quel succo di frutta alla pesca, sono davvero dei bei ricordi in una età nella quale mi sentivo spesso insicuro.


Poi ho continuato con costanza, dapprima due volte all'anno, poi passati i 40 lo do quasi sempre a luglio. Oramai sono 27 anni. Una vita.

Fa bene, dicono. E' un gesto di generosità..si certo.
Eppure tutto sommato io quando do il sangue lo faccio per me.
Perché mi rimette in pace con quella parte di me che mi vede egoista, chiuso nei miei piccoli interessi, il lavoro, i figli, le solite cose.
Mi fa sentire, quei 10 minuti che dura la donazione, parte di qualcosa di più grande. Che si chiami comunità, stato, non mi interessa. Mi piace pensare che non mi importa affatto a chi andrà la mia sacca. Bambino o vecchio, santo o disgraziato.
Il mio 0+ va bene per tutti.

E così passano rapidi quei 10 minuti, con le dottoresse del centro trasfusionale che mi chiamano per nome, e dentro la "famina" di quel ragazzetto perennemente affamato che ero che pregusta il succo alla pesca. E così mi rimetto in pari, almeno quel giorno, con la sorte che mi ha dato tanto.

Forse.