martedì 16 ottobre 2012

Sulcis come la Ruhr? Certo, se i nostri politici fossero tedeschi..o sardi?


Premessa
Per chi come me non è del Sulcis, e l'ha frequentato se non per turismo, è forse troppo facile e presuntuoso parlare della più complessa ed ampia realtà di interazione dell'industria con società e territorio presente in Sardegna. Mi rendo conto che bisogna nascerci, respirarne l'aria e riconoscerne i rumori, per capire davvero cosa vuol dire una realtà più vicina alla Germania di un tempo, o forse oggi più al Brasile o la Cina o il Sud Africa, piuttosto che al vicino Campidano, le nostre città costiere o alla costa della Gallura, in cui tanti sulcitani si sono trasferiti in questi ultimi 20 anni.
Perciò io scriverò da chi capisce solo in parte quello che si prova oggi nel Sulcis. Ne sono lontano geograficamente come l'Inghilterra lo è dalla Nuova Zelanda, se la Sardegna fosse il mondo (ed in fondo per me lo è). 
Ne sono lontano perché non ho parenti che hanno lavorato in miniera, perché ho sempre lavorato nei servizi invece che nell'industria primaria. Mi limiterò a fare delle considerazioni su come ci siano delle cose accadute in un "altrove" non troppo lontano né nel tempo né nello spazio che potrebbero, dovrebbero, far riflettere una classe politica buona solo ad andare a Roma col cappello in mano, a dei sindacalisti capaci ad organizzare cortei e manifestazioni ma meno, molto meno, a dare soluzioni diverse ai problemi che conoscono, a dei lavoratori che usano l'arma della disperazione perché con il lavoro ed i sacrifici non è servito a nulla.

-------------


Partirò da un presupposto: sono certo che chi vive nel Sulcis è convinto che casa sua si trovi nel luogo più bello del mondo. E' una cosa comune a noi Sardi. Uno di Tonara potrà riconoscere che il mare di Cala Gonone è bellissimo, ma non lo scambierebbe col bosco di Santu Giaccu. 
E' il riconoscimento di questo presupposto la base di tutto il resto.

Il territorio del Sulcis è stato sfruttato come nessun altro in Sardegna. E' venuto il tempo in cui chi ci vive tragga il suo sostentamento non dallo sfruttamento ma dalla sua  valorizzazione. Come fare non è né semplice né immediato, e necessita di un cambio di mentalità non solo da parte dei politici ma anche e soprattutto degli abitanti del Sulcis.

L'industria pesante in Europa sta scomparendo. Di questo però nel Sulcis pare non se ne siano accorti. Non se ne sono accorti in primis i lavoratori che fanno manifestazioni per chiedere allo stato (che poi saremmo anche noi, loro conterranei) soldi, soldi, e poi soldi. Una cosa normale, si dirà, nel momento in cui c'è una crisi. Bene, ma questa non è una crisi temporanea ma strutturale. 
Ma siccome siamo nostro malgrado in Italia, il paese dell'eterna emergenza, ciò viene vissuto non come una situazione da affrontarsi in maniera strutturale, ma con soluzioni temporanee ma costose.

Il Sulcis non è l'unica area italiana con importanti dismissioni industriali ma possiede, questo oggettivamente, un territorio eccezionalmente ricco in termini naturalistici. Inoltre l'area non si trova in una remota regione dell'Indonesia, ma in un'area a un'ora d'auto da un aeroporto internazionale, che lo collegherebbe con i principali aeroporti italiani ed europei in un due ore o poco più. Questo consente realisticamente di poter raggiungere il Sulcis in 3 ore anche da aeree come Londra, Parigi, Francoforte, Stoccolma o Madrid. 

Ma come far diventare un'area apparentemente con poco appeal turistico meta di discreti flussi di visitatori, che non vuol dire inglesi in maglietta ed infradito ma anche turismo naturalistico, culturale, congressuale?
- Con un significativo investimento in termini di bonifiche e riutilizzo di quanto esistente
- Con una dettagliato percorso di riconversione delle risorse 
- Con una importante promozione turistica

Niente di nuovo, urlerà il sindacalista dal suo megafono.
Niente di nuovo, dirà il politico sui microfoni dell'emittente locale.
Niente di nuovo, tossirà l'operaio mentre si accende una sigaretta.
Ma allora, perché si continuano a chiedere soldi (molti) per mantenere posti di lavoro (sempre di meno)?

Più di vent'anni fa questa stessa domanda fu fatta dai politici della Ruhr, in Germania.
Ma il loro problema aveva dimensioni diverse: 6000 ettari di aree industriali dismesse in una zona popolata da oltre 5 milioni di abitanti. 
Pertanto con proporzioni enormemente maggiori.
Eppure oggi i risultati sono visibili, anche senza visitare di persona i luoghi.

Una gigantesca ferriera, la Meiderich, è diventata un parco, il Landschaftspark, 180 ettari dove "natura, patrimonio industriale e di un impianto di illuminazione affascinante si combinano per creare un parco diverso da qualsiasi altro al mondo. I nuovi spazi verdi e le cattedrali antiche dell'industria vi invitano, sia da soli o come parte di una visita guidata, per esplorare il sito che, nel corso di più di dieci anni, è stato rivisto per creare un nuovo stile di multi -funzione di parco." si legge nella presentazione ufficiale online. 

Il gasometro di Oberhausen  ha subito una riconversione che lo ha reso una location per eventi staordinaria: "una sala circolare con una superficie di più di 3000 metri quadrati si apre al visitatore. Due scale in acciaio portano sul disco al centro del quale è stato installato un palco rialzato con un diametro di 20 m. Parti della struttura di supporto è diventato uno stand di 500 posti. In totale, il Gasometro ha pertanto un settore che può essere utilizzato per eventi che coprono più di 7000 metri quadrati." 

La miniera di Zollverein, oggi patrimonio Unesco, è una fondazione privata che gestisce un business center che fornisce servizi alle imprese e persino un'area con lo shop. Guardando i volti del loro staff si vedono volti con ben più di 50 primavere alle spalle, segno che evidentemente hanno riassorbito personale della miniera. Al suo interno il Red Dot , uno straordinario museo dedicato al design.

La rifondazione della Ruhr però non è stata soltanto una operazione di riconversione industriale a fini di servizi per le imprese , ma uno straordinario movimento che ha permeato fortemente la cultura dapprima di quell'area, rilanciandola nellla realtà tedesca ed infine europea. Tant'è che 2010 la Ruhr è diventata una capitale europea della cultura, con una serie di eventi lunghi un anno che hanno portato nell'area 950.000 visitatori.

Inoltre, sempre dal punto di vista culturale, il lavoro nell'industria è il soggetto del museo Dasa di Dortmund che è  il più grande del mondo proprio nelle esposizioni dei macchinari industriali, con aree di attrazioni per visitatori di tutte le età. 
Cultura che è ancora protagonista nel Ruhr Museum, che ha visto più di 500.000 visitatori nel suo primo anno di attività sia alla collezione permanente di opere sia alle mostre temporanee del museo.

Inoltre sono state costruite piste ciclabili per 770 km, ricostruiti porti come quello fluviale di Duisburg, completamente riprogettato da Norman Foster come borgo residenziale.  

Un'area del genere, così lontana dalla nostra immagine del turismo, ha invece un efficiente ente di promozione turistica, con un sito bilingue completo di sistema di prenotazione per gli hotel delle varie aree di quella regione.

Un particolare tutt'altro che irrilevante è che questo progetto nasce nel periodo per di più dove quel paese aveva a che vedere con la maggiore opera di ricostruzione dalla fine della seconda guerra mondiale, ovvero inglobare l'ex Germania comunista, pertanto con una particolare attenzione alle spese.

Seppure con un'economia non a livello di altre tra le più ricche della Germania, la Ruhr è l'esempio migliore che mi possa venire in mente da proporre ad un Sulcitano.
Lo stato ha creduto reinvestire in ambiente e lavoro avrebbe dato i suoi frutti.  Un ottimo esempio, ancora, è quello di Karl Ganser  che ha curato tutto il progetto della riqualificazione dello Emscher Park , dove ha sostanzialmente osservato solo due parametri: creare lavoro e riqualificare il territorio. 

Creare lavoro e riqualificare il territorio: qualcuno, altrove, ci è riuscito.
Io so dentro di me che noi Sardi non siamo inferiori a nessuno.


E questo dovrebbe a mio avviso spingere i cittadini del Sulcis ad eleggere loro i rappresentanti in base a questi parametri quando sarà il momento di votare i loro rappresentanti. Diffidare del tale dall'accento milanese e con l'amico russo, o il solito politico romano col suo codazzo di sindacalisti locali. Dare ascolto a chi ti parla di progetti concreti, percorsi percorribili, meglio se parla la lingua che comprendi fino in fondo.

Cent' anni fa il Sulcis ha portato benessere e sviluppo, sociale ed economico, a tutta la Sardegna. Credo davvero che solo chi ci vive ora sia in grado di replicare quanto fatto allora.