mercoledì 13 febbraio 2008

L'ulivo come elemento ritardante del corretto sviluppo della democrazia in Italia

L'esperienza ulivista, nata nel 1996 per contrapporsi al berlusconismo, si fonda su una idea di base malsana: tutti coloro che sono per una ragione o per un'altra nemici di Berlusconi, sono miei amici. Ora, tale concetto ha di per sè un elemento che ne sancisce a prescindere la fragilità: non si basa su una condivisione di intenti programmatici, ma su un mero calcolo politico. Quando tale alleanza non si è verificata (1994-2001) la sconfitta non ha fatto altro che rafforzare in coloro che hanno o meno partecipato all'alleanza antiberlusconiana una certezza: divisi si perde.

Eppure tale fragilità si ripercuote inevitabilmente sulla possibilità di legiferare, di essere "potere esecutivo". I due governi ulivisti hanno infatti avuto come comune denominatore una litigiosità che ha fatto in modo che i provvedimenti anche di grande risalto (la legge Bassanini per il primo governo Prodi o il decreto sulle liberalizzazioni per il secondo) sono poi passate nel dimenticatoio, subissate dal fallimento complessivo, sia in termini di reale governo sia soprattutto in termini di impressione sull'opinione pubblica, di tale esperienza.

L'Ulivo è stato pertanto un esperimento fallito di forze politiche tra loro troppo diverse, forzatamente insieme in nome non di valori comuni ma di una semplice alleanza fine al governo sic et simpliciter, dunque un elemento di grave ritardo nel processo di bipolarismo ed europeizzazione della politica italiana

Andrea

1 commento:

Anonimo ha detto...

ma allora che senso ha continuare a votare "turandosi il naso" se non perpetuare l'ennesima ideologia del fronte comune anti berlusconiano, a prescindere dalla natura della coalizione scelta?
un non-voto come espressione di voglia di cambiamento non sarebbe a questo punto il messaggio più ideologico che si possa dare, un modo per dire che così non ci sentiamo comunque rappresentati, Berlusconi o non Berlusconi?