Riprongo l'interessante contributo presente anche presso http://sardegnamondo.blog.tiscali.it/2010/09/25/ops-mi-e-scappata-lindipendenza/
Sul Corriere della Sera del 25 settembre 2010 ci sono ben tre pagine dedicate alla Sardegna e al “furore” indipendentista di cui la nostra terra sarebbe preda. Inviati del calibro di Gian Antonio Stella e Sergio Rizzo si soffermano sulla curiosa evenienza di un consiglio regionale (organo istituzionale dell’ordinamento giuridico italiano) in cui si discetta sul se, come e quanto separarsi dall’Italia medesima.
Il grado di approfondimento è tragicamente basso, questo va subito precisato. Una analisi abbastanza deludente. Si tira in ballo Cossiga, si citano – con evidente sconcerto – i grandi nomi della politica italiana originari della Sardegna, esponendoli come un contrappeso alla pretesa di “separazione” dall’Italia, che risulterebbe dunque un vero paradosso.
L’autorità politica consultata in merito, poi, è nientemeno che Mariotto Segni. Cosa ne sappia Mariotto Segni di indipendentismo e – mi sa – di Sardegna in generale sarebbe un mistero, se non ci desse una risposta egli stesso con le sue dichiarazioni. E la risposta è che non ne sa niente.
Nell’insieme questa ventata di “follia” (come la definisce lo stesso Segni) viene ricondotta alla situazione socio-economica dell’Isola, definita “da brivido”, e alla perdurante arretratezza di noi poveri sardignoli. Anche qui, la parola viene data a un grande della elaborazione politica nostrana: Felice Floris, leader del Movimento dei Pastori Sardi, una vera autorità. A dire il vero, non risulta che sia indipendentista manco lui; ma sembra – a leggere il CdS – che sia questo il meglio che passa il convento.
Insomma, tanto folclore, molta “Sardegna ultima colonia”, e un sacco di cliché ben degni dello spettacolo offerto dai nostri rappresentanti in consiglio regionale. E l’indipendentismo come risposta emotiva e contingente a una situazione di malessere materiale e di debolezza culturale.
In ogni caso, per mettersi al riparo da qualsiasi possibile equivoco (non sia mai che a qualcuno venga in mente di considerarla una prospettiva plausibile) allo spazio dedicato alla questione “indipendenza” viene subito affiancata una pagina di Manlio Brigaglia, storico tempiese, in cui si racconta di uno dei primi martiri dell’indipendenza. Italiana però. Ossia di quell’Efisio Tola, mazziniano, fucilato per “sedizione” a 30 anni, nel 1833. Ecco qui serviti tutti i “matti” (sempre Segni) fautori del “separatismo”: i sardi buoni esistono (o sono esistiti) e sono quelli che si sono sacrificati per l’Italia (come da retorica della Brigata Sassari, del PSdAz, dello stesso Renato Soru, ecc. ecc.).
Eppure, alla fin fine, rimane l’impressione che a molti stia sfuggendo di mano l’intera faccenda. Nel mondo della comunicazione di massa non si infrange un silenzio a buon mercato. Legittimare pubblicamente e autorevolmente una parola (e il concetto che le si associa) significa renderla libera di agire sulle coscienze e sull’immaginario collettivo. Gli stessi promotori delle mozioni di cui si è discusso in consiglio regionale – di per sé scadenti e limitate, salvo rari spunti di interesse, gettati lì in modo disordinato e incoerente – non sembrano rendersi conto che questo genere di eventi possono essere dei detonatori per un salto di qualità dei processi in corso. Ossia, non determinarli, ma dare ad essi uno sfogo prima impensato, spesso a dispetto delle reali intenzioni di chi da il via alla cosa.
La storia insegna, a questo proposito. Uno pensa a una bega fiscale, e si ritrova nel bel mezzo della Rivoluzione Americana. I Francesi minacciano di invadere la Sardegna e dalla reazione legittimista a difesa dello status quo ti scoppia tra le mani la Rivoluzione Sarda. Certe inerzie storiche, una volta smosse, hanno una forza che le trascina a prescindere dalla volontà degli uomini, come se ci fosse una energia potenziale che, una volta scatenata, non è facile bloccare fino a che non si è scaricata.
Staremo a vedere quello che succede. Certo è che ci aspettano mesi e anni quanto meno interessanti.
Nessun commento:
Posta un commento