A seguire il mio commento all'articolo di Frantziuscu Serra visionabile presso http://www.irsonline.net/2010/03/1384/
Gli aspetti fiscali, sia diretti che indiretti, dovrebbero essere uno degli aspetti con i quali IRS si deve differenziare in maniera netta e chiara dai politici che rappresentano la regione Sardegna.
Come regione autonoma, avremmo potuto, da sempre, legiferare in maniera tale da contrapporre alle politiche del continente una serie di contrappesi, sia in termini di incentivazione del consumi di alimenti prodotti dell’Isola nell’Isola stessa (ovvero incentivando il mercato interno) sia di sostegno all’export dei nostri prodotti, il tutto a vantaggio dell’economia Sarda.
Per esempio, analogamente a quanto fa una regione come il Trentino che invade con le sue mele, i salumi ed i vini i mercati di regioni che pure li producono, avremmo potuto fare altrettanto in altre aree. Per esempio, forti di una produzione quantitativamente senza eguali di latte ovino, con una politica costante di incentivazione alla pastorizia sarebbe stato agevole poter competere alla pari con i pecorini che provengono da Toscana o Lazio. Invece, incomprensibilmente, noi produciamo pecorino “romano” (!) rinunciando de facto alla creazione di un nostro marchio.
Per passare poi alle professioni di tipo amministrativo/statale, è noto come la Sicilia abbia legiferato già anni addietro per favorire i propri insegnanti per le cattedre scolastiche interne, salvo poi espotare a piene mani insegnanti in tutte le altre regioni della penisola, invero non risparmiando neppure la Sardegna.
Ciò detto, alla palese incosistenza di una politica economica di protezione e sviluppo del mercato Sardo, si aggiunga un cieco asservimento alle politiche fiscali continentali, che tutti i governi regionali, con forse un minimo sussulto della giunta Soru, hanno semplicemente recepito quanto deciso a Roma.
Ma questa pochezza non scatena, da noi, autentici scioperi come in Lombardia o Veneto. L’aspetto delle entrate fiscali infatti non è recepito pesantemente da una economia asfitica come la nostra, con la maggior parte del reddito spendibile tassato alla fonte. Infatti una regione piena di anziani, statali o parastatali, o semplicemente evasori totali come la nostra cronaca spesso ci presenta, non può essere sensibilizzata da argomenti del genere.
Inoltre il nostro atavico senso dell’onestà (per fortuna, aggiungerei) ci mette nella condizione di non ribellarci quasi mai ad un sistema che preleva a livelli delle democrazie scandinave, ma offre servizi al cittadino spesso da paese del terzo mondo.
Pertanto occorre innanzitutto sensibilizzare il cittadino Sardo su degli aspetti forse noti ma per certo poco sentiti:
- che le nostre tasse siano spese in casa nostra
- che pagare le tasse sia un onere ma anche un onore
- che chi non paga le tasse sia uno che ruba anche a te, non un furbo che va imitato
- che solo separandosi dal continente noi si possa avere una tassazione equa, non inficiata dal colossale debito pubblico continetale
Ciò, a mio avviso, andrebbe portato avanti solo una politica dai toni se vogliamo accesi (e forse persino urlati talvolta) ma fermi, costanti, immediatamente riconoscibili dagli elettori affinchè IRS, che è già conosciuta come componente politica che “vuole l’indipendenza”, sia anche riconosciuta come quella che “vuole che le tasse dei Sardi siano spese in Sardegna”.
Questo concetto, semplice e forse più immediatamente percepibile di un’indipendenza che, non nascondiamocelo, la stragrande maggioranza dei nostro conterranei non reputa realizzabile, potrebbe portare consensi in tempi brevi.
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