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Cominciata negli Stati Uniti nell’estate del 2007, la crisi dei subprime si è progressivamente estesa al mondo intero. All’inizio era una crisi finanziaria, poi è diventata economica, sociale e politica. Ed è soprattutto sul continente europeo che ha prodotto i suoi effetti più brutali: crescita rallentata, esplosione della disoccupazione, sviluppo esponenziale del lavoro precario e interinale, aumento della povertà.
A questa crisi del neoliberismo si è cercato di rispondere con le ricette neoliberiste dell’austerità. Sembra, infatti, che il debito sia l’unica preoccupazione delle classi dirigenti europee: per ridurlo, hanno promosso pesanti tagli agli investimenti, la contrazione dei salari, delle pensioni e di ogni forma di servizi sociali e un significativo inasprimento fiscale per i settori più svantaggiati della popolazione.
Ma la crisi si è accentuata e intere economie nazionali sono al collasso, mentre il disagio sociale aumenta e rischia di trasformarsi presto in un netto rifiuto popolare del progetto europeista.